Quando si tratta di acquistare prodotti, la stragrande maggioranza dei consumatori è interessata a scelte più sostenibili per il pianeta. Parliamo oggi del greenwashing sugli imballaggi e di come evitarlo con Packly.

Il greenwashing può rivelarsi una pratica pericolosa per il posizionamento dei prodotti di un’azienda. In una ricerca del 2020 di First Insight, il 73% dei consumatori della Generazione Z ha risposto che avrebbe pagato di più per prodotti sostenibili. Anche un altro sondaggio condotto da Lending Tree supporta questo dato, aggiungendo che il 41% dei millennial spende già di più in prodotti ecologici.

No al greenwashing con la cellulosa Packly
Scatola Packly di pura cellulosa

Queste indagini mostrano quanto siano importanti per il consumatore la sostenibilità e la protezione dell’ambiente. D’alltronde anche le agende politiche internazionali hanno dovuto aggiungere queste voci in cima alla lista delle priorità per il pianeta.

Il problema è che alcune aziende cercano di plagiare i consumatori facendo loro acquistare dei prodotti “green” ed ecologici quando non è così. In questo articolo esploreremo cos’è il “greenwashing”, come individuarlo e, naturalmente, come evitarlo con Packly.

Definizione di greenwashing

Il “greenwashing” avviene quando un’azienda divulga informazioni ambientali non completamente vere o fuorvianti. Per esempio potrebbe descrivere i propri prodotti come “biologici” o “green” senza avere le certificazioni a sostegno.

Il termine greenwashing è stato originariamente coniato dall’attivista ambientale Jay Westervelt, a metà degli anni ’80, quando soggiornava in un hotel e vide un cartello che chiedeva agli ospiti di riutilizzare gli asciugamani per tutelare l’ambiente. Westervelt ha colto l’ironia della richiesta, dopo aver constatato che l’hotel non aveva adottato alcun approccio green per nessuna delle altre pratiche operative. Pertanto, Westervelt riteneva che l’albergo mirasse a risparmiare denaro non lavando gli asciugamani, nascondendosi dietro un’etichetta “eco-friendly”.

Esempi famosi di greenwahsing

Negli ultimi anni, purtroppo, il greenwashing è diventato sempre più comune. 

Un’altra nota attivista ambientale, Greta Thunberg, nell’agosto 2021 ha puntato il dito  contro l’industria del fashion per essersi presentata come “sostenibile”, “etica”, “verde” , nelle campagne sui social media quando gli indumenti non possono essere prodotti o consumati in modo sostenibile per come è organizzata oggi la filiera, secondo Greta.

All’inizio del 2020 Ryanair si è definita come la “compagnia aerea con le emissioni più basse d’Europa” nel tentativo di conquistare più clienti. L’affermazione era per lo più inventata e ha portato la Advertising Standards Agency a vietare l’utilizzo di questo slogan.

È importante notare che il greenwashing nella maggior parte dei casi non viene messo in atto con dolo, ma per mancanza di comprensione delle reali implicazioni ambientali dei propri prodotti o servizi. Tuttavia, questo tipo di messaggi fuorvianti può comunque causare danni significativi alla fiducia dei clienti.

Recentemente è emerso che la plastica certificata come compostabile non è adatta ad essere smaltita nei sistemi di compostaggio domestico: il 60% non si decompone davvero e finisce quindi per inquinare ancora di più orti e giardini dove viene riutilizzata.

Lo afferma uno studio dello University College di Londra, pubblicato sulla rivista Frontiers in Sustainability. La ricerca mostra anche come le etichette applicate sugli oggetti di plastica compostabile e biodegradabile siano fuorvianti e confondano i consumatori, portando ad un errato smaltimento dei rifiuti.

Conclusioni

Packly è pronta ad aiutarti a ridurre i rifiuti e di cercare soluzioni ecologiche evitando il greenwashing sugli imballaggi. 

Packly, infatti, utilizza carta di pura cellulosa derivante da foreste gestite responsabilmente. 

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