In questo terzo e ultimo appuntamento sul colore affrontiamo uno dei dilemmi che affligge grafici e creativi di tutto il mondo: è meglio lavorare in RGB o CMYK?

Per chi non lo sapesse queste due sigle si riferiscono ai due metodi colore più comuni nella grafica digitale:

  • RGB (tricromia), è un metodo colore a sintesi additiva basato su tre colori primari: rosso (Red), verde (Green) e blu (Blue) che vengono mescolati tra loro per ottenere tutti gli altri colori dello spettro cromatico. L’unione delle tre tinte, alla massima saturazione, genera il bianco, e – quindi – riflette totalmente la luce. Proprio per questo si parla di sintesi additiva:  ogni tinta, se unita alle altre, ne incrementa la luminosità. L’unione di quantità di luce differenti dà vita a tutti i colori dello spettro cromatico di riferimento. In quanto strettamente legata alla luminosità, la tricromia è maggiormente usata per immagini ed elaborati destinati a dispositivi che emettono luce, come schermi o monitor.

 

RGB sintesi additiva

 

  • CMYK (quadricromia) è invece un metodo colore a sintesi sottrattiva. I primari, in questo caso, sono il ciano (Cyan), magenta (Magenta) e giallo (Yellow) a cui si aggiunge, per motivi tecnici, il nero (Key color). In questo tipo di sintesi l’unione dei tre primari dà vita a colori con luminosità progressivamente minore (sottrae luce). La somma di CMY al 100% in fase di stampa non dà come risultato il nero bensì una tonalità di marrone nota come bistro e allo stesso tempo il solo K al 100% non viene percepito come nero assoluto. Per ottenere il nero ricco è necessario quindi combinare tutte e 4 le tinte secondo diverse percentuali: in base alla dominante cromatica è possibile ottenere neri caldi, freddi o neutri. Questo metodo colore è utilizzato per la stampa in quanto si basa sulla mescolanza di differenti quantità di inchiostro.

 

CMYK sintesi sottrattiva

 

RGB e CMYK hanno quindi finalità e utilizzi diversi che difficilmente si integrano tra loro. La resa cromatica del primo consente di ottenere tonalità brillanti e luminose che non esistono in CMYK. Inoltre, molto spesso il risultato cromatico varia anche in base al dispositivo utilizzato. Stessi valori RGB o CMYK possono apparire diversi in base al monitor e alle macchine da stampa in quanto ogni dispositivo o periferica può produrre e riprodurre soltanto un determinato sottoinsieme dei colori visibili definito dal suo gamut. Ad esempio lo spazio colori CMYK ha meno tinte rispetto al gamut RGB. Nel caso in cui ci siano tinte non descrivibili da un certo metodo colore si parla di colori fuori gamma o fuori gamut.

 

cmyk-rgb-color-gamut

 

Dopo questa breve descrizione possiamo quindi tornare al nostro quesito iniziale: RGB o CMYK?

Lavorare in RGB per file di stampa comporterebbe, al momento della conversione per la stampa, la perdita di brillantezza e luminosità dei colori utilizzati e si otterrebbe, quindi, un risultato diverso da quello desiderato. Nel caso contrario lavorare con un gamut limitato come quello CMYK per lavori destinati agli schermi significherebbe rinunciare a effetti e risultati cromatici spesso interessanti ed originali.
La scelta dipende strettamente dalla finalità del lavoro che si sta realizzando. Prima di scegliere bisogna quindi chiedersi a quale uso sarà destinato l’elaborato grafico da realizzare e una volta definito questo si potrà scegliere il metodo colore più indicato.

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